È un tumore che colpisce le ovaie e ha un’elevata mortalità perché quasi sempre diagnosticato in fase avanzata per via di sintomi poco riconoscibili.
È una delle neoplasie femminili più aggressive e la diagnosi precoce è fondamentale. Infatti, rappresenta uno dei big killers tra le neoplasie ginecologiche, al decimo posto di tutti i tumori femminili (3%). In Italia, nel 2024, sono state stimate circa 5.423 nuove diagnosi.
In funzione delle cellule di origine, un tumore ovarico può essere:
- epiteliale: ha origine dalle cellule epiteliali dell’ultima parte delle tube di Falloppio o delle ovaie. Le forme epiteliali rappresentano la maggior parte delle neoplasie ovariche e l’istotipo più comune è il sieroso di alto grado;
- germinale: ha origine dalle cellule germinali che danno origine agli ovuli;
- stromale: ha origine dalle cellule che producono gli ormoni femminili.
Secondo i dati della Società Europea di Oncologia Medica (ESMO), una percentuale compresa tra il 6 e il 25% circa dei tumori maligni dell’ovaio presenta una mutazione dei geni BRCA1 e BRCA2. Il rischio di sviluppare un tumore ovarico aumenta del 15-45% nelle donne che hanno ereditato una mutazione in BRCA1 e del 10-20% circa in quelle che hanno ereditato una mutazione di BRCA2.
FATTORI DI RISCHIO
- età;
- stile di vita scorretto, come obesità, fumo, assenza di esercizio fisico;
- assenza di gravidanze;
- storia familiare: più frequente in donne con casi di tumore dell’ovaio, della mammella e dell’utero in famiglia;
- mutazioni genetiche, come quelle che provocano l’HRD (deficit di ricombinazione omologa), che sono presenti in circa la metà delle donne con carcinoma ovarico sieroso di alto grado. Tra queste rientrano anche le alterazioni dei geni BRCA1 e 2 che conferiscono un rischio aumentato di insorgenza del tumore fino al 45%. Fino al 25% dei tumori ovarici sierosi di alto grado è associato a questa mutazione che si rileva con il test BRCA.
SINTOMI
Si tratta di un tumore insidioso proprio per la difficolta di conoscere i sintomi. Non esiste, infatti, un elenco preciso dei campanelli d’allarme cui prestare attenzione. Nelle prime fasi dello sviluppo il tumore è asintomatico, mentre nelle forme già avanzate si possono manifestare:
- dolore pelvico e addominale persistente;
- aumento di dimensione dell’addome/gonfiore permanente inappetenza e/o sensazione di sazietà anche a stomaco vuoto;
- aumento della frequenza e dell’urgenza di urinare;
- perdite ematiche vaginali;
- stitichezza o diarrea.
- sensazione estrema di stanchezza.
Molti di questi però sono sintomi riconducibili anche ad altre patologie.
DIAGNOSI
- visita ginecologica;
- ecografia pelvica e transvaginale;
- TAC addominale e PET;
- marker tumorale CA 125;
- biopsia del tessuto ovarico;
- gastroscopia e colonscopia;
- le donne a rischio ereditarietà devono essere indirizzate verso un consulto oncogenetico per valutare se effettuare un test genetico.
TRATTAMENTI E PREVENZIONE
A seconda dell’estensione del tumore, delle sue caratteristiche e delle condizioni di salute del paziente lo specialista potrà valutare di sottoporre il paziente a:
- chirurgia;
- chemioterapia.
Alcuni sottogruppi di pazienti che hanno risposto a una terapia di prima linea, possono trarre beneficio da terapie finalizzate al mantenimento della risposta alla chemioterapia e/o a ritardare la ripresa della malattia.
Nell’ambito delle terapie di mantenimento possono essere utilizzati farmaci PARP inibitori, particolarmente attivi contro i tumori causati da mutazioni dei geni BRCA1 e BRCA2 e positivi al test HRD.